Pavements: Recensione del Mockumentary che Sfida i Confini tra Realtà e Finzione

Pavements: Recensione del Mockumentary che Sfida i Confini tra Realtà e Finzione

pavements: un viaggio tra documentario e mockumentary

Pavements rappresenta un connubio affascinante tra documentario, mockumentary e cinema indipendente altamente sperimentale. Il film descrive il ritorno della band che porta lo stesso nome, distaccandosi nettamente dai tradizionali biopic musicali, anzi, ridicolizzandoli con una forte ironia. I Pavement, una band indie rock di Stockton, vissero il loro periodo di massimo splendore verso la fine degli anni ’90, prima di sciogliersi nel 1999, evento di cui il film si fa eco. La narrazione evidenzia come a nessuno interessò particolarmente la band, una situazione che viene affrontata apertamente nel corso del racconto. Con una reunion avvenuta nel 2022, l’evento ha generato grande attesa e curiosità.

la produzione e i progetti collaterali

Diretto da Alex Ross Perry, che in precedenza ha realizzato il musical teatrale Slanted! Enchanted! dedicato alla band, il film esplora la creazione di un museo dedicato agli Pavement e un film con Joe Keery, Nat Wolff e Jason Schwartzman. La peculiarità di questo ultimo progetto è che si tratta di un biopic completamente inventato esclusivamente per il documentario. Pertanto, il film diventa una riflessione sulla lavorazione di una pellicola inesistente e sulle celebrazioni genuine di una band che non ha paura di definirsi sia la più rivoluzionaria che la più fallimentare.

umorismo e rappresentazione

Il documentario si distacca ironicamente dall’agiografia prevalentemente celebrativa. I protagonisti, mentre aspirano a realizzare un film simile a Bohemian Rhapsody, si prendono gioco della loro stessa storia. Ciò si traduce in numerosi split screen che presentano anche fino a tre quadri contemporaneamente, creando una narrazione complessa in cui è difficile distinguere il vero dal fittizio. A brillare in questo montaggio è il materiale d’archivio eccezionale, che consolida ulteriormente la struttura del film.

una commistione tra reale e finzione

Il film trae ispirazione dal documentario di Peter Jackson sui Beatles, integrando un elemento comico. I filmati amatoriali, a disposizione del regista, contribuiscono notevolmente al valore del progetto. La band, capitanata da Stephen Malkmus, viene immortalata anche nei momenti più difficili, inclusi concerti disastrosi come quello al festival Lollapalooza. La vastità di scene imbarazzanti suscita dubbi sulla loro autenticità, ma sono reali così come lo sono i loro trionfi. Questa fusione tra verità e fittizio, tra autoironia e dolore, rappresenta la qualità più intrigante del film.

criticità e riflessioni finali

Nonostante il potere di attrazione iniziale, il gioco dell’umorismo tende a risultare ripetitivo nel corso del film, con una certa insistente esposizione di concetti. Ciononostante, rimane fondamentale esplorare un’opera che celebra una band di tale portata. Le loro eccentricità, come il vinile Wowee Zowee stampato su tre dei quattro lati e gli oggetti più improbabili esposti nel museo, evidenziano la genialità musicale e performativa dei Pavement in modi che un film da Oscar non sarebbe in grado di fare.

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Scritto da Augusto Clerici
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