Addio a Cesare Ragazzi, l’icona di uno slogan che ha fatto storia

Cesare-Ragazzi

Un’importante figura del panorama imprenditoriale e televisivo italiano, Cesare Ragazzi, è deceduta all’età di 83 anni a causa di un malore nella sua città natale, Bologna. Il suo celebre slogan “parola di Cesare Ragazzi” ha lasciato un segno indelebile nella cultura popolare, diventando un vero e proprio fenomeno dei decenni passati, simile a personalità iconiche del periodo.

La carriera di Cesare Ragazzi

Considerato pioniere nel settore della tricologia, Cesare Ragazzi ha guadagnato notorietà per la sua promozione di trapianti di capelli, parrucche e toupet rivolti a un pubblico maschile. In un’intervista rilasciata a Repubblica, raccontava: “A tanti ho risolto un problema per cui non dormivano la notte”. Tra i suoi clienti figuravano molti volti noti del mondo dello spettacolo, sebbene pochi abbiano avuto il coraggio di ammettere pubblicamente di aver usufruito dei suoi servizi. L’attore Massimo Boldi è stato uno dei rari a confermarlo, descrivendo l’esperienza con Ragazzi come convincente, sebbene avesse riscontrato difficoltà con la plastica nel lungo periodo.

Un impero di centri tricologici

Nel corso della sua carriera, Cesare Ragazzi ha fondato circa 80 centri in Italia e otto all’estero, affermando: “Sono riuscito ad aprire circa 80 centri in Italia. Più otto all’estero. Prima di arrivarci ho sofferto la fame e lavorato come un pazzo”. Il suo successo ha offerto opportunità lavorative a centinaia di persone. L’impero ha subito un forte crollo nel 2008. Ragazzi lascia dietro di sé la moglie Marta e i tre figli: Nicola, Simona e Alessia.

🔵 Morto Cesare Ragazzi. Diventato famoso negli anni ’80 per l’invenzione e la pubblicità di protesi tricologiche, è deceduto a 83 anni a causa di un malore.

⚫ Ieri sera, per un malore improvviso, è morto a 83 anni Cesare Ragazzi, noto imprenditore e personaggio televisivo, famoso dagli anni ‘70 per l’invenzione e la promozione pubblicitaria di un metodo per risolvere la calvizie.

Scritto da Augusto Clerici
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