Il film è chiaramente ispirato a fatti realmente accaduti e ai protagonisti della storia, già raccontata in un libro di successo negli Stati Uniti. Narra le prime fasi della guerra di Corea, durante le quali le forze americane, a cinque anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, iniziarono a prepararsi all’azione. La Marina degli Stati Uniti formò così nuovi aviatori desiderosi di combattere nel famoso The Big Show.
Il film Devotion si concentra in particolare sulla figura del tenente Tom Hudner, trasferito allo Squadrone da Combattimento 32, dove incontra e diventa amico del sottotenente Jesse Brown, l’unico membro afroamericano dell’unità. Hudner si integra nell’equipaggio e mostra doti di leadership, dimostrandosi un valido punto di riferimento durante l’impegnativo periodo di addestramento, che mette a dura prova i piloti e costa la vita a qualcuno di loro. Quando si avvicina il momento di scendere in campo, il legame tra i membri della squadra si rivela cruciale per il successo della missione.
devotion: tra cielo e terra
Con una durata di due ore e venti, inclusi i titoli di coda, Devotion rappresenta un dramma bellico privo di molte sorprese, proponendo narrazioni eroiche incentrate su sacrifici e coraggio. La retorica pervade gran parte della storia, non solo nelle scene d’azione, ma anche nel desiderio di mettere in luce le problematiche di una società profondamente razzista nei confronti delle persone di colore.
I personaggi sono ispirati a persone realmente esistite, anche se romanzati per un pubblico più ampio e presentati con una sensibilità attuale che invita a esplorarne le complessità da una nuova prospettiva. Alla fine di Devotion, si ha l’impressione di aver assistito a un prodotto pensato per il politicamente corretto, incapace di offrire spunti narrativi più profondi e incisivi, rimanendo così in superficie e non avvicinandosi ai grandi film di guerra.
un affresco sbiadito
La performance di Glen Powell, affiancato da Jonathan Majors, colloca i due in un cast che potrebbe beneficiare di una sceneggiatura più elaborata, in grado di dare maggiore profondità psicologica ai personaggi anziché renderli semplici figurine. Ne deriva un ritratto piatto e banale delle dinamiche interne alle forze armate, tra conflitti tra divisioni e un senso di fratellanza che non viene esplorato adeguatamente. Alcuni momenti, come l’incontro con Elizabeth Taylor sulla spiaggia di Cannes, appaiono decisamente improbabili.
La guerra viene mostrata principalmente nella parte conclusiva, limitandosi a brevi scene di combattimento e allineandosi a un’azione aerea più enfatizzata nella prima parte. La mancanza di un nemico ben definito e l’approccio unilaterale possono limitare la varietà e la complessità del contesto bellico, lasciando spazio solo a un supporto per le relazioni tra i personaggi.
Un importante spunto emotivo è rappresentato da una scena chiave, in cui il personaggio di Brown si confronta con se stesso davanti a uno specchio, evidenziando la tendenza del film a cadere nel didascalismo eccessivo.